Aurelio Agostino nacque nel 354 a Tagaste, in Algeria, nel Nord Africa, figlio di Patricius, un non credente, e della sua devota moglie cattolica, Monica. Sebbene sia stato iscritto come catecumeno da sua madre quando era un ragazzo, il battesimo di Agostino fu rimandato a un momento successivo in conformità con l’usanza prevalente. Fin dai suoi primi anni, Agostino possedeva una mente curiosa e una personalità attraente e si prefiggeva una carriera che gli avrebbe portato sia la ricchezza che la fama, obiettivi che erano caldeggiati dai suoi genitori, che cercavano opportunità per fornire al loro figlio la migliore educazione possibile.
Dopo aver studiato a Tagaste e poi a Cartagine, Agostino divenne un insegnante di retorica, prima nella sua città natale, poi a Roma e infine a Milano. Il suo viaggio da una città all’altra, dovuto a varie opportunità e sfide, era suggestivo di un più importante viaggio spirituale che egli fece per un lungo periodo di tempo, alla ricerca della pace interiore e della felicità duratura. L’esempio, le preghiere e l’influenza di Monica ebbero non poca parte nel dramma dell’itinerario spirituale di suo figlio, e Agostino attribuisce in gran parte a lei la sua conversione alla fede cattolica. Fu battezzato all’età di 33 anni dal vescovo Ambrogio di Milano. La decisione di Agostino di abbracciare la fede cattolica fu allo stesso tempo un impegno a trascorrere il resto della sua vita come “servo di Dio”, cioè nel celibato, anche se da anni viveva con una donna che amava profondamente e con la quale aveva generato un figlio, al quale diede il nome di Adeodato.
Dopo il battesimo, che Agostino ricevette insieme ad Adeodato e al buon amico di Agostino stesso, Alypius, partì per la sua città natale, dove desiderava perseguire uno stile di vita monastico insieme ad altri uomini che avevano vissuto anch’essi una radicale conversione alla fede. Durante il viaggio, a Ostia Antica, appena fuori Roma, Monica si ammalò e morì improvvisamente ma felicemente, avendo assistito alla totale dedizione di Agostino a Cristo e alla Chiesa.
A Tagaste, Agostino, Adeodato e diversi compagni vissero un’intensa vita di preghiera, lavoro e comunione, condividendo le loro intuizioni sulla Scrittura e sulla vocazione cristiana. Dopo tre anni, tuttavia, durante una visita alla città di Ippona, distante circa cinquanta miglia da Tagaste, Agostino fu chiamato a diventare sacerdote, contrariamente ai suoi desideri, ma disposto, tuttavia, ad accettare ciò che credeva fosse la volontà di Dio per lui. Anche ad Ippona fondò una comunità monastica, che diresse mentre assisteva il vescovo Valerio. Alcuni anni dopo Agostino successe a Valerio come capo della diocesi, e sentendosi costretto a trasferirsi nella casa del vescovo per non disturbare la pace della comunità monastica, scrisse la sua Regola per la sua continua direzione, e poi fondò ancora una terza comunità per chierici nella sua nuova residenza episcopale. Così, dal momento del suo ritorno a Tagaste fino alla sua morte, Agostino optò risolutamente per uno stile di vita monastico in comunità.
Come vescovo, Agostino trovò la sua desiderata vita di contemplazione e separazione dalle preoccupazioni mondane necessariamente influenzata e rimodellata dai suoi molti obblighi come leader della Chiesa locale e come funzionario civile, che la carica di vescovo a quel tempo includeva. Oltre ai suoi doveri pastorali all’interno di Ippona, viaggiò ai concili ecclesiastici nella regione del Nord Africa – da quaranta a cinquanta volte nel corso dei 35 anni in cui fu vescovo. Fece il viaggio di nove giorni a Cartagine, la sede metropolitana, per incontri con altri vescovi circa trenta volte. Ma anche questi lunghi viaggi, che Agostino trovò sempre una difficoltà fisica, erano modesti in confronto alla grande produzione di scritti e sermoni che produsse: oltre duecento libri e quasi mille sermoni, lettere e altre opere.
Nell’anno 430 Agostino si ammalò e si mise a letto. I suoi giorni e le sue notti trascorrevano pregando i salmi penitenziali, che chiese di far scrivere sul muro della sua stanza. Morì il 28 agosto, mentre la città di Ippona veniva saccheggiata dai Vandali. Il suo corpo fu deposto a Ippona, ma fu poi portato in Sardegna per essere custodito, e infine a Pavia, dove ora riposa nella Basilica di San Pietro in Ciel d’Oro.