Cesare Borgia

L’ascesa al potere

L’elezione di suo padre a papa nel 1492 cambiò le sorti di Cesare Borgia. Oltre a diventare arcivescovo, fu anche fatto cardinale nel 1493, con la chiesa titolare di Santa Maria Nova; ora era uno dei principali consiglieri del padre. Era già chiaro, tuttavia, che non aveva una vera vocazione religiosa; era più conosciuto alla corte papale per le sue battute di caccia, le sue relazioni amorose e i suoi magnifici abiti che per la meticolosa osservanza dei suoi doveri ecclesiastici.

Alla morte di Pedro Luis nel 1488 il titolo di duca di Gandia gli era passato di mano ed era andato a suo fratello minore Juan, e fu lui che fu nominato comandante dell’esercito papale nel 1496 per la prima delle campagne di Alessandro contro la sua nobiltà ribelle, gli Orsini. Si ritiene che Cesare fosse estremamente geloso di suo fratello e, quando Juan fu misteriosamente assassinato nel 1497, si diffuse gradualmente la voce che Cesare fosse il colpevole. Non c’è, tuttavia, alcuna prova che Cesare abbia ucciso suo fratello (che aveva molti altri nemici) oltre al fatto che era certamente capace di uccidere, come dimostrò in seguito.

Dopo la morte di Juan, le inclinazioni marziali e politiche di Cesare e il bisogno di suo padre di un tenente secolare affidabile coincisero, e nel 1498 Cesare rinunciò al suo cardinalato. Furono fatti piani per un importante matrimonio dinastico per lui, e, dopo un tentativo fallito di conquistare la mano di Carlotta, figlia del re di Napoli, si recò in Francia per sposare Charlotte d’Albret, sorella del re di Navarra. Allo stesso tempo ricevette da Luigi XII, il re francese, il titolo di duca di Valentinois, e da questo titolo derivò il suo soprannome – Il Valentino.

Il matrimonio francese di Cesare assicurò a lui e a suo padre l’assistenza francese nei loro piani di ristabilire il controllo nello Stato Pontificio e, se possibile, di ritagliare per Cesare uno stato Borgia permanente in Italia. Nel 1499 Cesare, come capitano generale dell’esercito papale, assistito da un grande contingente di truppe francesi, iniziò una sistematica occupazione delle città della Romagna e delle Marche, che erano in gran parte cadute sotto il controllo di vicari papali semi-indipendenti.

La campagna del 1499 vide la conquista di Imola e Forlì; quella del 1500-01 portò nelle mani di Cesare Rimini, Pesaro e Faenza; infine, nel 1502, conquistò Urbino, Camerino e Senigallia. Fu in quest’ultima campagna che Machiavelli, come uno degli ambasciatori fiorentini legati al campo di Cesare, fu in grado di osservare in prima persona i metodi dell’uomo che avrebbe avuto un ruolo così importante nei suoi scritti successivi.

Le attività di Alessandro e Cesare, sebbene fossero molto conformi al modello stabilito dai precedenti papi del XV secolo, suscitarono un’immensa opposizione all’interno dello Stato Pontificio e dagli altri stati italiani. La guerra di propaganda condotta contro di loro fu al vetriolo e durevolmente efficace. Cesare fu ritratto come un mostro di lussuria e crudeltà che aveva ottenuto un innaturale ascendente su suo padre dopo aver presumibilmente ucciso suo fratello, il figlio preferito, Juan. Sembra probabile, tuttavia, che i due Borgia lavorassero molto in armonia. Alessandro era di gran lunga il politico più astuto e Cesare l’uomo d’azione più spietato. Ambizioso e arrogante, era determinato ad affermarsi come principe italiano prima che suo padre morisse e lo lasciasse privo dell’appoggio politico e finanziario del papato. Aut Caesar, aut nihil (“O Cesare o niente”) fu il motto che adottò per indicare la risolutezza del suo scopo. Un certo numero di assassinii politici sono stati attribuiti a lui, ma il crimine di cui fu più chiaramente l’autore fu l’omicidio nell’agosto del 1500 di suo cognato Alfonso, duca di Bisceglie, il secondo marito di Lucrezia. Sembra probabile che questo sia stato un atto di vendetta personale piuttosto che un assassinio motivato politicamente, ma ha contribuito notevolmente alla paura e al disgusto in cui Cesare era tenuto.

Il miglior esempio dei metodi di Cesare fu la sua terza campagna di Romagna (1502-03). Aprì con una marcia fulminea sull’ignara Urbino, che si arrese senza sparare un colpo. Poi si rivolse a Camerino, che fu anch’essa rapidamente sottomessa. A questo punto i suoi principali comandanti, temendo il suo potere, si rivoltarono contro di lui nella cosiddetta congiura di Magione. Cesare, spogliato della maggior parte delle sue truppe, fu costretto a combattere sulla difensiva in Romagna. Con un uso sontuoso dei fondi papali, tuttavia, riuscì a ricostruire il suo esercito mentre allo stesso tempo lavorava sul fronte diplomatico per spezzare la lega dei cospiratori. Riuscito a scioglierla, organizzò un incontro di riconciliazione con alcuni dei congiurati a Senigallia e, dopo averli isolati dalle loro truppe, li arrestò e li giustiziò (dicembre 1502).

Cesare, con un potente esercito di cui poteva fidarsi, sembrava ora essere allo zenit delle sue fortune. È probabile che stesse progettando un attacco alla Toscana, che gli avrebbe fornito lo stato indipendente che desiderava, quando suo padre morì il 18 agosto 1503. Egli stesso era anche malato in quel periodo, e questa circostanza, insieme alla successiva elezione di un acerrimo nemico dei Borgia, Giuliano della Rovere, come Papa Giulio II, diminuì le sue già scarse possibilità di sopravvivenza. Giulio rifiutò di confermare Cesare come duca di Romagna o capitano generale della chiesa e chiese la restaurazione delle città romagnole. Cesare fu arrestato, ottenne una breve tregua accettando di cedere le sue città e fuggì a Napoli solo per essere arrestato ancora una volta da Gonzalo de Córdoba, il viceré spagnolo, che rifiutò di unirsi a lui in una lega contro il papa. Cesare fu quindi portato in Spagna e imprigionato, prima nel castello di Chinchilla vicino a Valencia e poi a Medina del Campo, da cui fuggì nel 1506. Non vedendo alcuna prospettiva immediata di tornare in Italia, prese servizio presso suo cognato, il re di Navarra, e fu ucciso nel 1507 in una scaramuccia con i ribelli navarresi fuori Viana. Fu sepolto nella chiesa di Santa Maria a Viana.

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